Vivere felici a Minorca: Francesca Teodori

di Gloria Vanni

Nome: Francesca

Cognome: Teodori

Nata a: Ferrara

Professione prima di venire a Minorca: parrucchiera

Professione a Minorca: parrucchiera

Ho atteso a lungo questa intervista e ne è valsa la pena. Ho conosciuto Francesca Teodori e il suo sorriso mi ha fatto subito canterellare il cuore. Non capita spesso, è una bellissima sensazione. Stavo ancora ascoltandomi quando lei mi ha detto: «Mi piacciono i posti belli e ho sempre fatto la parrucchiera. Sono monotona?».

Ancora oggi non conosco il filo di quelle parole e ricordo la sorpresa per alcune nostre similitudini: entrambe abbiamo fatto un liceo sbagliato, per esempio. Lei avrebbe voluto fare l’artistico, io il classico. Francesca bigia la scuola – a Sassuolo si dice “fare kabò”- e allora la mamma la porta dal parrucchiere affinché trascorra l’estate lavorando.

E Francesca impazzisce di gioia non appena mette le mani tra i colori per capelli. Così, affascinata dal mondo delle acconciature, fa l’accademia a Modena, poi va a Stresa, continua a seguire corsi a Milano e non ha ancora 30 anni quando apre il suo primo negozio nel centro di Stresa, a pochi passi dal Lago Maggiore.

Poi, la sua mamma si ammala, il suo fidanzato la molla e dopo un anno decide di cambiare vita. Racconta:

«Volevo andare alle Canarie e un amico mi ha detto: “Prima passa di qui!”. Era il 2012. Il 22 gennaio del 2013, alle 7,30 del mattino, sono arrivata al porto di Mahon con la mia auto e 1.000 euro in tasca. Mi sono innamorata di Minorca, è un luogo a metà tra cielo e Terra, le Canarie sono sulla Terra. Sono andata a vivere a S’Algar e dopo due mesi ho iniziato a lavorare per EasyCut Peluqueria. Dopo tre ero responsabile dei tre saloni sull’isola. E pensare che ero giunta a Minorca con l’idea di riposare e basta. Cercavo pace e serenità».

Quando il gruppo EasyCut chiude, Francesca Teodori baratta la sua liquidazione con il negozio di Mahon che a giugno 2015 apre i battenti con il nome Francy Style. Un negozio che racconta il suo stile, appunto, attraverso l’amore per la natura, per il buddismo, per la musica… Come spiega Francesca:

«Pratico il buddismo tibetano e cerco di trasformare la mia giornata in qualcosa che abbia un senso e sia di aiuto per me e per gli altri. Spazzolare i capelli è un momento di coccola e deve avere la sua importanza. Sono specializzata in meches e mi piace prendermi cura del capello. Amo creare un programma personalizzato per ogni testa. Non avrei mai potuto lavorare in un salone dove la gente entra, si lava i capelli e se ne va».

A distanza di quasi quattro anni, qual è il tuo bilancio professionale?

«Sono davvero contenta, lavoro molto con la gente del quartiere e poco con gli italiani. Sto diventando minorchina: comincio a non sopportare il turismo. Manca solo che a colazione inizi a mangiare pane e “sobrassada” con miele e sono a posto. Non ho nostalgia dell’Italia e anche dal punto professionale non mi manca nulla: trovo tutto a Barcellona».

Come definiresti questo quartiere di Mahón?

«È un quartiere multietnico dove vivono minorchini, andalusi, catalani, sudamericani, marocchini. Sono famiglie che abitano qui da varie generazioni. È una mescolanza di lingue, usi e costumi. Perciò devi avere un’apertura mentale che ti consenta di accontentare tutti. È un laboratorio che consente anche di vedere quanto questa isola sia aperta. Al contrario di quanto molti dicono, a Minorca c’è molta apertura allo straniero: da secoli i minorchini sono obbligati ad avere gli stranieri a casa».

Cosa ti piace di Minorca?

«La “mia Minorca” è energia, pace, vento. È apertura al cambiamento, alle differenze, all’onestà, all’amore, ai valori… tutto questo in Italia non c’è o forse io non l’ho più incontrato. Se una persona viene qui e non vede questi aspetti allora è meglio che torni a casa».

Come non essere d’accordo, Francesca, che sfati un altro stereotipo, ovvero che il sabato la paella sia l’indiscussa regina della tavola minorchina. Così mi hanno detto…

«Ma che paella! Il minorchino t’invita a casa a mangiare la torta di albicocche “coca d’aubercoc”, l’”oliaigu” (zuppa tradizionale), la “formatjades” con carne e grasso di maiale, sobrassada, spezie (pepe nero, zafferano, sale) e succo di limone perché la carne sia più morbida».

C’è da crederle! Francesca sposerà Vicente, minorchino doc e direttore dell’Hostal Jume a Mahon. Si sono conosciuti nel 2016 grazie a Chiara, amica del cuore di lei, e la famiglia di lui l’ha accolta come una sorella. Confesso che sono super felice di partecipare al mio primo, vero matrimonio minorchino!

Cosa fai quando non lavori?

«Vado a camminare, respirare, meditare, nuotare nel paradiso. Vado a non pensare, a sentire, a ricaricare le pile e a Minorca tutto parla, il vento, le nuvole, gli uccelli, la formica… torno alla natura. L’isola è priva d’inquinamento e tutto è amplificato: pensieri, colori, sensazioni, silenzi…».

Domanda da mille punti: cosa non ti piace dei minorchini?

«Non mi piace il modo in cui guidano e parcheggiano: sono tremendi e sarà anche per questo che le multe sono salate anche per le infrazioni più banali! Di certo non puoi pretendere che loro si abituino a te, devi essere tu che ti abitui a loro. Mi piace che parlino in minorchino e conservino le loro tradizioni».

Consigli a chi sogna di venire a Minorca?

«Consiglio di chiedersi cosa si vuole veramente e di non confondersi con posti in cui è più facile vivere e cambiare vita. Minorca è per molti ma non per tutti. Suggerisco di venirci più volte e in varie stagioni dell’anno. È un’isola che prima tira fuori il peggio di te, poi se te la guadagni stai benissimo.

I primi due anni sono difficili. Ti arrabbi, non capisci, ti trovi di fronte a ostacoli e problemi. Metti tutto in discussione e vedi ciò che è veramente brutto in te e nella tua vita. Se superi questo passaggio, poi è tutto in discesa e comunque è Minorca che ti sceglie, non sei tu: è un’isola con un’energia speciale e o sei sulla stessa onda o non duri. Occorre superare le proprie paure altrimenti, prima o poi, da Minorca si va via».

Il suo negozio è anche il luogo di ritrovo per chi ha voglia di fare quattro chiacchiere in compagnia di un buon caffè, del suo sorriso contagioso e del suo accento che è un perfetto mix di ferrarese e spagnolo. Confesso che per me ogni occasione è buona per passare al numero 56 di Carrer de Sant Esteve. Al di là di coccole per capelli, infatti, di baci, abbracci e chiacchiere genuine e sincere non ne ho mai abbastanza. La verità è che, come dice il Dalai Lama, «ci sono solo due giorni all’anno in cui non puoi fare niente: uno si chiama ieri, l’altro si chiama domani, perciò oggi è il giorno giusto per amare, credere, fare e, principalmente, vivere». E come Francesca, amo vivere.

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