Daniele Gasperini, educatore professionale con bambini autistici a Minorca

di Gloria Vanni

Nome: Daniele

Cognome: Gasperini

Nato a: Rovereto

Professione prima di venire a Minorca: educatore professionale con adolescenti in condizione di autismo di alto funzionamento

Professione a Minorca: educatore professionale con bambini in condizione di autismo

Daniele ha una testa di riccioli, gli occhi azzurri/blu, un bellissimo sorriso e l’accento trentino che si stempera tra castigliano e minorchino. È il compagno di Giada, ideatrice di Ecologina.

Quando l’ho incontrata, non mi sono fatta scappare l’occasione e «Posso intervistare Daniele?» è stata una domanda spontanea. Ero super incuriosita dal lavoro di Daniele: educatore professionale con bambini in condizione di autismo a Minorca. Mi sono chiesta: cosa offre quest’isola a una figura professionale così particolare? Con questa intervista, rispondo alla mia e alla vostra curiosità.

Daniele Gasperini, educatore professionale con bambini autistici a Minorca

Prima di parlare di Minorca, però, facciamo un passo indietro. Daniele è cresciuto in un borgo di 100 anime in provincia di Trento e ricorda: «Eravamo un bel gruppetto di bimbi, c’era libertà, nessun pericolo, eravamo impegnati in esplorazioni e sperimentazioni nella natura. Da adolescente ho iniziato a vivere più Rovereto e frequentavo un istituto professionale per i servizi sociali. Praticavo pallanuoto in serie C, ho giocato fino ai 18 anni e, tra allenamenti, studio, amici, aiutavo mio padre in campagna. A 15 anni, in estate, ho cominciato a lavorare in piscina come bagnino e manutentore e così mi sono comprato la Vespa. Poi, c’era la musica. Sono un bassista autodidatta, avevamo un gruppo (Baba Mandub), facevamo reggae e suonavamo in piccoli festival locali. Un giorno ho incontrato un ragazzo che studiava a Urbino e mi ha raccontato storie magiche sulla città marchigiana. Così, sono andata a vedere se l’Università di Urbino aveva un indirizzo sociale e un corso di educatore professionale. Perché quella era la mia strada».

Aiutato dai genitori, Daniele si trasferisce a Urbino e si iscrive a un corso triennale anche se… ce ne mette sei! In estate torna a Rovereto e lavora in piscina. Aggiunge: «È stata una bellissima esperienza! Dal secondo anno però mi sono messo sotto. Ho iniziato a lavorare per un amico, Alessio, che aveva bisogno di assistenza 24 ore su 24. All’inizio era un tirocinio, quindi un lavoro pagato. Ho scritto la tesi “Integrazione della disabilità all’Università di Urbino”, perché Urbino è una città medievale, sulla collina, con tantissime barriere architettoniche e noi portavamo di peso Alessio in bar e servizi basici. È una tesi che ha smosso la città che fino ad allora aveva pochissime vie d’accesso per chi aveva disabilità. Ho studiato metodologie educative, psicologia e psichiatria. Materie che hanno reso possibile l’acquisizione di una capacità tecnica di base con strumenti utili per affacciarti alla specializzazione. Mi sono laureato a giugno e a fine agosto lavoravo già in un centro educativo. È importante essere multidisciplinari. Bisogna essere aperti e osservativi. L’autismo è una condizione per tutta la vita. L’autismo è un ombrello e sotto ci sono tanti altri disturbi. Oggi si parla di Disturbo del Neurosviluppo».

Mi fermo un momento per descrivervi la scena. È fine estate, siamo in un bar, io ascolto, ogni tanto faccio una domanda e… pendo dalle sue labbra! In maglietta e pantaloncini corti, Daniele, parla di autismo con semplicità, competenza, passione. Ovvero, con una umanità così profonda e tangibile che è quasi impossibile interrompere o smettere di ascoltare.

Racconta: «Nel 2007, l’anno prima di laurearmi, ho incontrato Giada. Ci siamo conosciuti, è scoppiato l’amore e da lì in poi sono state scelte condivise. Terminata l’università, ho scelto di trascorrere un anno sabbatico a Rovereto lavorando per un centro educativo per l’autismo, la Cooperativa Il Ponte. Era settembre 2008, cercavano un educatore per un nuovo centro per persone autistiche. Sono stati 18 mesi belli, intensi. Giada era a Milano e ci vedevamo il weekend. Nel 2010 ci siamo guardati negli occhi e ci siamo chiesti: “Dove andiamo?”. Torniamo nelle Marche e affittiamo una casa in campagna. Ho trovato lavoro in un centro di persone disabili e ho iniziato le mie prime esperienze con adolescenti problematici. Facevo tutto, è stata una esperienza formativa intensa».

Si dice “Dio li fa e poi li accoppia“: Giada e Daniele sono due spiriti nomadi. Nel 2014 tornano in Trentino e Daniele inizia a lavorare per Porte Rosse, nuovo centro per adolescenti con autismo. E si iscrive al Master di due anni “Metodologie Educative per persone in condizione di autismo” all’Università di Trento. «Altra bellissima esperienza, dura, ma ne è valsa la pena», e aggiunge: «Finito il Master, con Giada ci siamo detti: “e ora dove andiamo?”. Un collega ci ha messo a disposizione il suo vecchio camper e due mesi dopo eravamo in strada diretti a Barcellona. Abbiamo iniziato a studiare spagnolo e catalano. Poi, nel 2017 mi è stata diagnosticata una malattia degenerativa. Mi sono curato, sono tornato in Italia varie volte, quindi con Giada abbiamo deciso di andare in India per provare l’Ayurveda. Siamo rimasti due mesi in Kerala, mi sono curato, siamo tornati in Spagna e nel giro di poco tempo non ho più avuto dolori: l’Ayurveda ha funzionato!».

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Daniele, perché Minorca?

«Siamo arrivati a Minorca il 15 ottobre 2021 perché abbiamo deciso di venire qui per fare crescere nostra figlia Marisol. Ho iniziato a lavorare come potatore di palme – ho fatto un sacco di lavori nella mia vita, mi arrangio! -, e parallelamente ho presentato all’associazione Tea Menorca il mio “Progetto di accompagnamento terapeutico individualizzato”. L’obiettivo era fare uscire i ragazzi con autismo da casa per renderli più autonomi. Durante la settimana tagliavo palme e poi accompagnavo fuori casa due ragazzi di Alaior. Ero pagato come formatore e sono uno dei creatori del gruppo nato nel 2021 “Ocio Tea Menorca, trastorno del espectro autista”. Ha funzionato molto bene. Da lì, la Fundación para Personas con Discapacidad de Menorca mi ha proposto di lavorare in un appartamento tutelato con ragazzi con disturbi del comportamento. Bella esperienza, lavoravo 6 giorni su 7. Quando l’appartamento è stato chiuso, la fondazione mi ha proposto di continuare a lavorare occupandomi di un gruppo Down, un gruppo Tea e un altro con tre ragazzi con disabilità fisica. Un giorno la direttrice mi dice: “Vuoi iniziare un progetto nuovo con bambini? Il Governo delle Isole Baleari ha creato un progetto pilota “Sepap” dove devi fare attività comunitarie”. Come educatore devo organizzare attività comunitarie e sociali e ovviamente accompagnarli. Siamo andati a scalare, in piscina, a scuola di circo, trekking, cavallo, karatè, danza… La maggior parte è individuale però ho creato anche dei piccoli gruppi».

Daniele Gasperini

Daniele è un dipendente della Fundación, in particolare è un integratore e educatore. Quali prospettive di crescita professionale hai a Minorca?

«Minorca è piccola ma se hai voglia di fare ci sono ottime prospettive di crescita. Le novità sono accettate benissimo e ho sempre avuto riscontri positivi. Nulla è impossibile, bisogna seminare bene e chi semina raccoglie: è una terra fertile, con una qualità di vita altissima e tante opportunità. Tutti gli amici che ci vengono a trovare hanno una sana invidia per la nostra scelta. Lavoro in un gruppo molto valido, sono il più grande però imparo tutti i giorni. Continuo a formarmi, a imparare e non smetto mai di sorprendermi. Bisogna essere pronti a conoscere cose e persone nuove».

Se ti offrissero un super lavoro, torneresti in Italia?

«Non cambierei la Spagna per l’Italia neppure se mi pagassero il doppio o il triplo. La Spagna è molto più avanti e non solo nel sociale. Credo che lo stato generale di un Paese si rifletta anche sulla società e per esempio in Spagna la parità di genere non si tocca, i diritti delle persone con disabilità non si toccano».

Cosa fai nel tempo libero?

«Amo lo sport: nuoto, corro, faccio crossfit… Poi, con Giada, Marisol, gli amici andiamo in spiaggia e amiamo vivere nella natura».

Cosa consigli a chi vorrebbe venire a vivere a Minorca?

«Consiglio di credere in se stessi e nella gente di Minorca, di rispettare l’isola e andare “poc a poc”. E ancora, suggerisco di seminare, seminare e seminare. Così, prima o poi, si può fare tutto».

Mi fermo qui, è una intervista lunga ma non poteva che essere così. Perché ogni giorno, tra sfide, passi indietro e avanti, piccole grandi vittorie, questi bambini insegnano a guardare il mondo con occhi nuovi.

Dietro ogni passo c’è la dedizione silenziosa di chi sceglie di esserci, con pazienza, sensibilità e cuore. Una persona come Daniele, educatore che non è solo una guida. È un compagno di viaggio, un ponte tra mondi che a volte sembrano lontani ma che, con amore e impegno, possono incontrarsi.

L’educazione, infatti, è un dialogo fatto di ascolto, empatia e rispetto per i tempi e i bisogni di ciascuno. A Minorca, tra mare e cielo, c’è chi dedica la propria vita a costruire ponti invisibili ma potentissimi. E forse, alla fine, sono proprio loro, i bambini, a insegnarci il valore più grande: quello di essere presenti, davvero.