Filippo da 16 anni a Minorca: “Qui ho trovato la mia casa”

Filippo Briganti: da marmista a Carrara alla sicurezza in aeroporto dell’isola delle Baleari. I turisti italiani? I più arroganti.

Di Gloria Vanni

Nome: Filippo

Cognome: Briganti

Nato a: Massa Carrara

Professione prima di venire a Minorca: fotografo, marmista

Professione a Minorca: addetto al servizio di sicurezza in aeroporto

Cinquant’anni lo scorso dicembre e sembra un ragazzo, Filippo, che parla italiano con accento spagnolo e di quello toscano, mannaggia, non riesco a trovare tracce. Non è un vezzo: è il segnale che frequenta soprattutto minorchini. Tante parole, mi confessa, gli vengono prima in spagnolo che in italiano.

Anche a me è capitato in barca. Per un anno ero l’unica italiana in un equipaggio francese e sono arrivata al punto di pensare nella lingua di Emmanuel Jean-Michel Frédéric Macron e Asterix.

Filippo Briganti vive a Minorca dal 2002 e in questi 16 anni ha osservato le trasformazioni di un’isola che possiede il titolo di Riserva della Biosfera Unesco dal 1993 e risponde a nuove necessità di chi l’abita tutto l’anno e di chi la vive pochi giorni in estate. Decathlon, per esempio, apre il suo primo store al Poligono di Mahon venerdì 15 giugno. È da quando sono a Minorca che sento voci su questo arrivo, contestato da alcuni, desiderato da altri. Per Filippo è solo un passo in più dei cambiamenti dell’isola dove, racconta:

«Quando sono arrivato, c’era lavoro per tutti e tutto l’anno. I minorchini ti chiedevano di rimanere, loro preferivano lavorare in estate e poi “andare al paro”, in disoccupazione, in inverno. Erano comunque pagati e stavano a casa con i loro animali. Sabato e domenica non si usciva. Era tutto chiuso, non trovavi un filone di pane fino a lunedì e a Mahon c’erano solo due supermercati. Anzi, il fine settimana il pane lo compravi al distributore di benzina».

Anche oggi la domenica fai benzina e, se vuoi, compri il pane e vicino hai anche il supermercato aperto (da marzo/aprile a ottobre/novembre).

Scusa, Filippo, come sei arrivato sulla “Isla Bonita” cui allude (forse) Louise Veronica Ciccone per tutti Madonna?

«È merito di mia moglie Rebecca che è svizzera tedesca e ha vissuto a Minorca dai 4 ai 12 anni. Ci siamo conosciuti sulle navi da crociera dove entrambi lavoravamo. Siamo dei giramondo, abbiamo sempre viaggiato. Mia suocera viveva a Es Castell, venivamo in vacanza da lei, ho trovato lavoro come marmista e abbiamo deciso di trasferirci qui. Avevo 35 anni, mia moglie 29 e nostra figlia Laura solo due. Nostro figlio Marco, che ha 10 anni ed è nato a Minorca, ha tre cittadinanze: spagnola, italiana, svizzera».

Per loro Minorca è casa. Per Filippo e Rebecca, infermiera all’ospedale Mateu Orfila è l’isola dove si sta bene, dove si lavora per vivere e da cui partire con lo zaino in spalla per andare nel mondo: Nepal, Australia, Stati Uniti… Lei organizza tutto, vanno via quando possono, il 2 gennaio 2019 festeggiano vent’anni di matrimonio…

Aspetta, Filippo, parliamo della tua vita in aeroporto che ha poche assonanze con quella di Tom Hanks nel film The Terminal?

«Sono dipendente di una società che fornisce servizio sicurezza in aeroporto. In inverno l’aeroporto chiude alle 11, in estate all’una di notte. La notte siamo in due vigilantes più due della Guardia Civil a controllare l’aeroporto che non si può mai lasciare solo. Potrebbero esserci dei trasferimenti urgenti di malati. Faccio turni di 8 ore. Di giorno siamo ovviamente molti di più».

In pratica Filippo Briganti lavora al controllo di sicurezza in aeroporto, subito dopo i metal detector e gli scanner che analizzano i contenti di trolley e borse a mano.

Aneddoti sui turisti in transito nel scintillante aeroporto di un funzionario che parla italiano, spagnolo, catalano, un po’ d’inglese e tedesco?

«Tedeschi e inglesi sono i più tranquilli. Anche i francesi sono abbastanza rispettosi. Gli italiani sono i turisti peggiori perché si sentono superiori e pensano di fare quello che vogliono. C’è chi ha tentato di passare il gin in un biberon del figlio. A una poliziotta italiana che non voleva togliersi gli stivali le ho detto: “Se fossi in lei mi vergognerei a non collaborare con la sicurezza aeroportuale”. Si è tolta gli stivali in due secondi!».

Filippo sorride e nasconde un pizzico di imbarazzo. La divisa non ha cambiato l’essenza di un viaggiatore che ama camminare e a casa prepara da mangiare – «Mia moglie è svizzera!» -, e ha la passione di fare la birra artigianale in casa.

Cosa ti piace di Minorca?

«Bellezza a parte, di Minorca mi piace la tranquillità e quel “poc a poc” che affascina tutti. Poi, amo il Camí de Cavalls. Con mia moglie e i miei figli l’abbiamo percorso tutto ed è tutto bello. La maggior parte delle volte facciamo andata e ritorno».

Cosa non ti piace di Minorca e dei suoi abitanti.

«L’inverno può essere lungo anche qui. Non amo la chiusura dei minorchini però quando conquisti la loro fiducia ti aprono le porte di casa e da loro ricevi tutto. Mi sono imposto di imparare il catalano per essere più vicino a loro. Credo che se uno vive qua, deve entrare nel loro mondo. Ho amici minorchini e spagnoli. Sono così dentro alla loro mentalità che Ciutadella mi sembra lontana. Sono poco più di 50 chilometri e ti sembra di andare in capo al mondo».

Consigli agli italiani che pensano a Minorca come un luogo di vita?

«Qui non è tutto rosa e fiori. Non è più facile trovare lavoro come 15 anni fa, bisogna conoscere e frequentare la gente del posto. Consiglio di evitare di chiudersi tra italiani e avere le idee chiare su ciò di cui ha bisogno l’isola».

Filippo Briganti è un altro italiano che, come me, ha scelto Minorca. Forse è meglio dire che ha ascoltato il richiamo di un’isola dove crescere i propri figli con semplicità e sicurezze, in una natura che ti educa ad ascoltare altri suoni, odori, ritmi. Finisce qui la nostra intervista e mentre lui va via mi torna alla mente “uomo avvisato, mezzo salvato“. Vorrei declinare questo detto al femminile e al plurale. Vorrei ricordare che il rispetto è uno dei grandi valori di Minorca. Anche in aeroporto dove il caso vuole che ci sia qualcuno che capisce perfettamente cosa diciamo. Il suo nome è Filippo, Filippo Briganti.